Viaggiare: da esperienza a status symbol

Mototurismo e turismo di massa: una riflessione


Perché viaggi? E perché viaggi in moto? Cosa ti spinge a farlo? Come si inserisce il viaggio nella complessità della società contemporanea?

Viaggiamo per creare stimoli, ricordi ed esperienze per noi stessi? Oppure viaggiamo per mostrare agli altri che siamo degli spiriti liberi e farci invidiare un po', raccontando una parte di noi non del tutto sincera? 

Accade nel turismo in genere, ma anche in una nicchia più ristretta come quella del mototurismo: alcune mete e alcuni luoghi sono diventati un must, una stelletta da puntare al petto, un passaggio obbligato per mostrare a tutti che siamo dei veri viaggiatori. Siamo sicuri di avere ben chiaro in testa il motivo profondo per il quale viaggiamo? Oppure siamo travolti dagli stimoli ininterrotti che soprattutto i social ci impongono? Stiamo forse diventando dei produttori e consumatori compulsivi di selfie e panorami instagrammabili?

Una competizione senza fine

C'è chi ritiene davvero indispensabile essere arrivati a Capo Nord in moto per ritenersi un vero viaggiatori. Nulla contro il viaggio in moto a Capo Nord, anzi, tanta sana invidia per chi ci è arrivato. Io stesso ho da sempre il desiderio di organizzare un viaggio a Capo Nord in moto prima o poi nella mia vita, o di affrontare il deserto in moto, o di farmi un selfie in Cappadocia con le mongolfiere sullo sfondo. Sono tutti momenti che vorrei vivere in futuro in sella ad una moto, ma vedo tutto questo come un desiderio, vedo tutto questo come una conquista, non certo come una serie di bollini di qualità senza i quali non è possibile sentirsi viaggiatori orgogliosi e soddisfatti.

In questi anni ho sempre puntato verso nord nei miei viaggi più impegnativi, dalla Foresta Nera in Germania fino ad arrivare più volte in Danimarca e recentemente in Svezia. L'ho fatto un passetto alla volta, per scoprire luoghi che mi affascinano, anche località note, ma soprattutto angoli sconosciuti, semplici, genuini. Questo significa che chi ha viaggiato in moto solo in Italia o solo nella propria Regione e nelle località limitrofe sia meno viaggiatore di me? E io che nei miei viaggi preferisco appoggiarmi per comodità a strutture alberghiere, sono forse meno viaggiatore di chi viaggiando in moto dorme in tenda? Non è una gara, non c'è una classifica, il numero di follower e il numero di like sono una metrica fittizia, mentre nella realtà ci sono di mezzo le nostre emozioni, i nostri sogni, i nostri desideri.

Io credo che ci sia un grosso problema di fondo: la società si divide sempre di più in tifoserie e l'individuo sgomita per spirito di sopravvivenza sociale e per farsi riconoscere dalla collettività attraverso il suo stile e tenore di vita, reale o fittizio che sia. Quindi capita di vedere persone che non amano particolarmente la vita sociale ma che frequentano certi locali per non sentirsi esclusi, o motociclisti che acquistano un certo modello o tipologia di moto per sentirsi appagati di fronte agli amici e ai conoscenti. Siamo sempre più soli anche se siamo in contatto con migliaia di persone a portata di click. Abbiamo sempre meno personalità anche se mostriamo quotidianamente il nostro ego ad una comunità di sconosciuti. Scegliamo sempre più spesso luoghi, oggetti, passioni, sapori, e forse anche le persone che ci circondano, in base al livello di instagrammabilità. Una gara destinata inesorabilmente alla sconfitta, perché in eterna rincorsa.

Stiamo perdendo il controllo dei nostri desideri, e li stiamo trasferendo negli occhi degli altri. 


Instagram e condivisione compulsiva


L'overtourism e i selfie di massa

Negli ultimi anni il turismo globale ha vissuto una trasformazione profonda, guidata in gran parte dai social media e dal bisogno sempre più diffuso di esserci, di dimostrare, di condividere. Il viaggio, da esperienza personale e profonda, si è progressivamente spostato verso la sfera dell’apparenza. Il fenomeno dell’overtourism, ovvero il sovraffollamento di luoghi turistici, è solo una delle tante conseguenze di questa trasformazione.

In molte destinazioni famose, dai centri storici delle grandi città europee alle meraviglie naturali più iconiche, si vive ormai una presenza costante e quasi oppressiva di visitatori. Il flusso è alimentato da foto virali, reel accattivanti, itinerari condivisi ovunque. Ma cosa resta dell’autenticità, della scoperta, dell’incontro genuino con luoghi e culture?

Oggi si viaggia spesso per replicare ciò che si è visto online, per scattare "quella foto", per dire di essere stati "lì", in un processo che somiglia più ad una competizione che a una vera scoperta. L’esperienza personale passa in secondo piano rispetto alla necessità di produrre contenuti, seguire trend, accumulare "like".

Il viaggio, da sempre occasione di scoperta e arricchimento culturale, rischia di diventare un mero status symbol, una collezione di immagini da esibire piuttosto che un'opportunità di immersione in nuove realtà. Lo spirito con il quale i miei genitori raccoglievano gli amici nel salotto di casa per mostrare le diapositive dell'ultimo viaggio è davvero lontano anni luce dallo spirito con il quale oggi tutti noi condividiamo i nostri ricordi.  

Questo approccio, oltre a impoverire il senso stesso del viaggio, rischia di snaturare i luoghi, appiattire le esperienze e ridurre tutto a una lunga lista di tappe obbligate.


Overtourism


 

Anche il mototurismo sta cambiando

Anche il mototurismo non è immune a queste dinamiche. Sempre più motociclisti scelgono itinerari popolari e alla moda, spesso influenzati da contenuti virali sui social media. La ricerca della foto perfetta o del video spettacolare da condividere può distogliere dall'essenza del viaggio in moto: la libertà di esplorare, la scoperta di percorsi meno battuti e l'interazione genuina con culture e tradizioni locali. Questo approccio rischia di trasformare l'esperienza del mototurismo in una corsa alla visibilità, a scapito della profondità e della qualità dell'esperienza stessa. Sono lontani i tempi in cui si viaggiava su due ruote per scatenare il proprio desiderio di libertà, lasciandosi andare all’improvvisazione. Ora ci si lascia spesso guidare dai social e dalle mete imperdibili.

Sempre più spesso vediamo motociclisti affollare gli stessi passi di montagna, gli stessi borghi da cartolina, gli stessi spot panoramici. Luoghi bellissimi, per carità, ma trasformati ormai in scenografie ripetitive e affollate, in cui il senso di scoperta si perde tra un drone e un selfie.

Si sta perdendo il gusto di fermarsi in un paese sconosciuto, parlare con la gente del posto, scegliere strade secondarie, farsi sorprendere. C’è invece la pressione, spesso inconscia, di documentare tutto, di produrre contenuti, di raccontare un viaggio che a volte non si ha nemmeno il tempo di vivere davvero.


Mototurismo e turismo di massa: una riflessione


​Mea culpa

Questo post non vuole essere una critica al condividere... anch'io lo faccio, anche questo blog è nato e continua ad esistere sulla spinta della voglia di raccontare. Ma è chiaro che è necessaria una riflessione sul senso di equilibrio che rischiamo di perdere: quello tra vivere un luogo o mostrarlo, viaggiare consapevolmente o condividere compulsivamente.

Il mototurismo può e deve tornare ad essere libertà, scoperta, lentezza, contatto umano e culturale. Anche senza la foto perfetta. Anche senza l’hashtag giusto. Perché a volte le emozioni più autentiche sono proprio quelle che restano solo dentro di noi. Quelle che nessuna fotocamera e nessun drone potranno mai immortalare davvero.

Il viaggio, e il viaggio in moto in particolare, dovrebbe essere un'opportunità di crescita personale e di scoperta autentica, non una semplice occasione per accumulare contenuti da condividere. Nel contesto attuale è essenziale riflettere sul nostro modo di viaggiare e sull'influenza che i social media esercitano sulle nostre scelte. Adottare un approccio più consapevole e lento al mototurismo può arricchire l'esperienza, permettendo di riscoprire il vero significato del viaggio: l'incontro genuino con il mondo che ci circonda.

Lo dico prima di tutto a me stesso: teniamo più spesso in tasca i nostri smartphone, lasciamo a casa fotocamere reflex e droni, assaporiamo di più, respiriamo di più, osserviamo di più, lasciamoci affascinare dai dettagli, rallentiamo, viviamo il momento.


Mototurismo e turismo di massa: una riflessione



Foto di copertina:
Dominik Dancs su Unsplash
Foto nel post:
Callie Morgan su Unsplash
Garvit Nama su Unsplash
Ambitious Studio* | Rick Barrett su Unsplash
Ambitious Studio* | Rick Barrett su Unsplash





Posta un commento

0 Commenti